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La “war room” di Fakebook per le elezioni europee

di Paola
Boffo

di Paola Boffo –

Lo scorso aprile al TED di Vancouver (Technology Entertainment Design è un marchio di conferenze statunitensi, gestite dall’organizzazione privata non-profit The Sapling Foundation) Carole Cadwalladr, la cronista dell’Observer che ha scoperto e diffuso lo scandalo di Cambridge Analityca, ha spiegato come i social hanno influito sulla Brexit. Per conto del giornale era andata ad Ebbw Vale, una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “leave” (62%) per capirne le ragioni.

Dopo aver verificato che in quella cittadina del Galles c’erano state molte iniziative finanziate dall’Unione Europea per lo sviluppo dell’economia e la promozione dell’occupazione, della cultura, dell’istruzione è sostanzialmente venuto fuori dalle interviste che il voto è stato motivato “da tutta quella roba che hanno visto su Facebook durante la campagna elettorale”, roba che faceva paura, sull’immigrazione in generale, e in particolare sulla minaccia dell’entrata Turchia nell’UE, e altre cose di questo genere, e insomma l’intero referendum si è svolto nel buio più assoluto perché si è svolto su Facebook.

Il Parlamento inglese ha invitato numerose volte Mark Zuckerberg ad andare in UK per spiegare, ma lui si è rifiutato, e, più in generale, non è possibile sapere quali cifre sono spese su Facebook, Google o YouTube per diffondere informazioni false destinate a target specifici di utenti.

Cadwalladr sostiene, tra l’altro, che la Brexit e l’elezione di Trump sono strettamente legate e che ci sono dietro le stesse persone, le stesse aziende, gli stessi dati, le stesse tecniche, lo stesso utilizzo dell’odio e della paura.

Nell’articolo del Guardian che pubblichiamo, Emma Graham-Harrison ci informa che Facebook sta eliminando miliardi di account falsi mentre si scaglia un fiume di notizie false, disinformazione e incitamento all’odio, e che se meno di tre anni fa, l’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, liquidò come “pazza” l’idea che notizie false sulla sua piattaforma avrebbero potuto influenzare l’elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, oggi la compagnia ammette di essere sotto assedio da miliardi di account falsi che cercano di giocare i propri sistemi per vincere elezioni, fare soldi o influenzare le persone in altri modi, e combattere uno tsunami di notizie false, disinformazione e incitamento all’odio.

E questa settimana Facebook ha riunito più di una dozzina di giornalisti nella “war room” di Dublino, al centro dei suoi sforzi per proteggere le elezioni europee, per mostrare le risorse che sta riversando nel proteggere il voto in tutto il continente.

Inside Facebook’s war room: the battle to protect EU elections