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Trasparenza e democrazia nelle decisioni dell’UE

di Andrea
Allamprese

di Andrea Allamprese e Silvia Borelli –

Con la sessione plenaria di questa settimana (la prima dopo l’insediamento della Commissione von der Leyen), il nuovo Parlamento europeo inizia le sue attività “concrete”. Vogliamo qui riprendere un tema al centro dell’azione parlamentare della Sinistra Unitaria Europea (GUE/NGL) e dei Verdi europei nella scorsa legislatura: come sviluppare la democrazia partecipativa prima, durante e dopo le procedure legislative dell’Unione europea.

Partiamo da due recenti decisioni dei giudici europei, che hanno sottolineato lo stretto legame esistente tra il rispetto del principio di trasparenza nelle procedure legislative dell’UE e il carattere democratico delle relative istituzioni. Il principio di trasparenza permette infatti “di conferire alle istituzioni dell’UE una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico” (Corte di Giustizia, 4.12.2018, C-57/16 P, ClientEarth).

Nella sentenza De Capitani (22.3.2018, T540/15), il Tribunale di prima istanza ha annullato la decisione con cui il Parlamento europeo aveva negato al sig. De Capitani l’accesso alla quarta colonna delle tabelle che vengono discusse nei “triloghi”. Il trilogo è una riunione tripartita e informale, a cui partecipano rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, per cercare di trovare un accordo su una proposta legislativa presentata dalla Commissione stessa (prima colonna), su cui Parlamento e Consiglio hanno espresso la propria posizione (seconda e terza colonna). Per prassi consolidata, le riunioni dei triloghi, mediante cui viene oggi adottato il 70-80% degli atti legislativi dell’Unione, si svolgono a porte chiuse. Gli accordi raggiunti in trilogo sono in seguito adottati, il più delle volte senza modifiche sostanziali, dai colegislatori (Parlamento e Consiglio). Per potere incidere sul processo decisionale, è dunque fondamentale avere “la possibilità di seguire in dettaglio il processo decisionale all’interno delle istituzioni che partecipano alle procedure legislative e di avere accesso a tutte le informazioni pertinenti” (p.to 98). Nella sua decisione, il Tribunale nega che l’accesso alla quarta colonna arrechi un “concreto ed effettivo pregiudizio alla tutela del processo decisionale” (p.to 63). Al contrario, ritiene che la trasparenza contribuisca a rafforzare la democrazia, “permettendo ai cittadini di controllare tutte le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo”, condizione essenziale per l’esercizio effettivo dei loro diritti democratici (p.to 80).

Il diritto d’accesso ai documenti è stato riaffermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza ClientEarth. La richiesta di accesso aveva a oggetto le valutazioni d’impatto mediante cui la Commissione valuta l’opportunità, la necessità, la natura e il contenuto di un’iniziativa legislativa. A parere dei giudici europei, la divulgazione di tali documenti è idonea ad accrescere la trasparenza e l’apertura del processo legislativo e, in tal modo, “a rafforzare il carattere democratico dell’UE”, permettendo ai suoi cittadini di conoscere, in tempo utile, l’insieme delle informazioni che costituiscono il fondamento dell’azione legislativa dell’Unione, e di comprendere le considerazioni sottese alla stessa (p.to 92). La divulgazione delle valutazioni d’impatto consente inoltre ai cittadini di far valere utilmente il loro punto di vista in merito alle scelte legislative “prima che le stesse vengano definitivamente compiute, per quanto riguarda sia la decisione della Commissione di presentare una proposta legislativa, sia il contenuto di una proposta siffatta, da cui dipende l’azione legislativa dell’Unione” (p.to 92).

La trasparenza – proseguono i giudici europei – garantisce la credibilità dell’azione della Commissione “agli occhi dei cittadini e delle organizzazioni interessate e contribuisce così per l’appunto ad assicurare che tale istituzione agisca in piena indipendenza ed unicamente nell’interesse generale. È piuttosto la mancanza di informazione del pubblico e di dibattito che può far nascere dei dubbi in merito all’adempimento, da parte della suddetta istituzione, delle sue missioni in piena indipendenza e unicamente nell’interesse generale” (p.to 104).

Sempre in tema di procedimento legislativo dell’Ue, la Commissione ha avviato un’iniziativa per una proposta volta a estendere il voto a maggioranza qualificata nelle aree dell’art. 153 del TfUe ancora con voto all’unanimità (ad es., licenziamenti, rappresentanza collettiva, sicurezza sociale). Si tratta delle cosiddette “clausole passarella” in materia sociale contenute nell’art. 153.2 e nell’art. 19.1 del TfUe (in tema di non discriminazione). Si noti che nei Trattati Ue sono presenti “clausole passarella” anche in altre materie: ad es., trattamento dei rifugiati, tassazione, ambiente.

L’iniziativa della Commissione è stata osservata con attenzione dal sindacato europeo, preoccupato per la tenuta delle procedure di dialogo sociale, descritte negli artt. 154 e 155 TfUe. In merito, va ricordato che è in corso, di fronte al Tribunale UE, una procedura per annullamento (causa T-310/18), attivata dalla Federazione europea dei sindacati dei dipendenti pubblici (EPSU) contro il rifiuto della Commissione di implementare l’accordo europeo sui diritti di informazione e consultazione nelle amministrazioni centrali, concluso nel dicembre del 2015. Con lettera del 5.3.2018, la Commissione dichiarava la volontà di non attivare l’iter legislativo previsto dall’art. 155 TfUe in quanto la trasposizione dell’accordo in una Direttiva è resa impossibile dal fatto che “la struttura, l’organizzazione e il funzionamento della pubblica amministrazione sono una materia di competenza esclusiva delle autorità nazionali degli Stati membri», e che «le previsioni dell’accordo che assicurano un grado di informazione nel settore pubblico sono già diritto acquisito in molti Stati”. In tal modo, la Commissione si sarebbe arrogata il potere discrezionale di sottoporre o meno al Consiglio, per la trasposizione in Direttiva, l’accordo siglato dalle parti sociali ai sensi dell’art. 154 TfUe, svilendo il ruolo e la funzione del dialogo sociale all’interno dell’ordinamento dell’Unione. Una decisione del Tribunale è attesa per il 24 ottobre p.v.

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